All’inizio non l’aveva nemmeno inserito nell’elenco dei possibili protagonisti. Lo aveva escluso quasi senza riflettere. «Avevo escluso Luca perché la sua immagine ormai radicata è quella di Montalbano e tra lui e Borsellino la distanza fisionomica la ritenevo incolmabile», racconta Alberto Negrin nelle note di regia. «Temevo che Zingaretti avrebbe schiacciato e oscurato Borsellino. Ma, c’è stato un ma, un piccolo dubbio, un tarlo, una domanda innocua e per nulla costosa: ‘E se invece Zingaretti potesse fare Borsellino nascondendosi dentro al personaggio?’».
Il regista ha incontrato Luca Zingaretti. Gli ha raccontato la sua idea: «Gli ho spiegato come volevo realizzare il film, sopratutto come volevo filmare lui, il suo viso che tutti identificavano come il Commissario Montalbano, dicendogli una cosa che a molti attori potrebbe apparire come un rischio inaccettabile: ‘Alla fine di questo film tu sarai sempre un attore noto ma sconosciuto perché non resterà nulla di ciò che eri, tranne il tuo talento’. Luca, entusiasta come non mi sarei mai aspettato, si è affidato completamente alle mie scelte (…)».
E così Luca Zingaretti, con l’aiuto di «un eccezionale truccatore e di un altrettanto eccezionale parrucchiere», si è nascosto nel personaggio, si è trasformato nel personaggio. E il risultato, già visibile nelle foto di scena, sarà sotto gli occhi di tutti il 22 maggio, alle 21.20, quando Raiuno trasmetterà I 57 giorni.
Mai vista una fiction così scadente.
A parte l'ottima, misurata interpretazione di Lorenza Indovina, tutti gli altri personaggi sono rimasti schiacciati in dialoghi e situazioni costruite e girate in maniera puerile, banale, retorica, didascalica. Persino la musica di Morricone risulta sempre invadente, fuori tono e fuori luogo.